Testimonianza

“Martire” sociale gesuita – Mons. Christophe Munzihirwa, SJ: un profeta della compassione e della giustizia

Stiamo iniziando a pubblicare ogni mese un articolo che ricorda i gesuiti uccisi in tutto il mondo per il loro lavoro a favore della giustizia e della riconciliazione. Questo aprile ci concentriamo sul vescovo Chritophe Munziriwha, assassinato nella Repubblica Democratica del Congo.

Mons. Munzihirwa Christophe, SJ, nato nel 1926, divenne Arcivescovo di Bukavu il 27 marzo 1994 in un momento di crisi nella Regione dei Grandi Laghi. La crisi iniziò con il genocidio in Ruanda dell'aprile 1994, con decine di migliaia di rifugiati ruandesi che si riversarono nelle zone di sicurezza di confine, impreparate ad accogliere un tale flusso di persone. Il Vescovo Munzihirwa, in qualità di pastore con un forte senso di compassione e preoccupazione per gli altri al di là del confine, iniziò a parlare per condannare gli attacchi, le esazioni e le estorsioni perpetrate contro i rifugiati che necessitavano di protezione secondo il diritto internazionale, senza esitare a fare appello alla solidarietà nazionale e internazionale. Arso fino al midollo dall'amore per Cristo povero e umile, radicato nella fede e nella carità totalmente rivolta verso gli altri, Munzihirwa nel suo Munus pastorale, sentì l'odore del gregge indigente e fece sue le grida, la sete e la fame di questo popolo rifiutato, implorando l'assistenza umanitaria. Di fronte a tanta sofferenza, lasciò che il suo cuore fosse colpito e commosso e si impegnò di conseguenza.

Nel 1996, con lo scoppio della crisi nella RDC e la tragica svolta che ne seguì (la cosiddetta ribellione di liberazione), il Vescovo Munzihirwa intravide in lontananza, seppur gradualmente, il piano per destabilizzare e indebolire la parte orientale della RDC con lo sfruttamento da parte delle "mani nere".

In un'ottica profetica, ha capito che "le nazioni potenti vogliono appropriarsi della regione africana dei Grandi Laghi". Guardando alle persone e agli eventi come a Cristo, è stato un "profeta per il suo tempo". In qualità di sentinella della regione, invitò i cristiani di Bukavu e dell'area circostante a resistere pacificamente, risvegliandoli alla visione di un mondo di lotte, dove la pula si scontra con il grano e le armi si confrontano con la croce.

Come profeta, sapeva nominare i "mali", denunciando il sottosistema delle carte e diventando una voce scomoda; venne quindi soppresso, eliminato in modo pianificato da un odioso assassinio. Da apostolo fedele, morì come un soldato sul campo di battaglia, armi in pugno, fedele alle parole che spesso amava citare in lingua sciita: "nafe ahinga, nafuuke arharhama ": anche se devi morire, devi continuare a lavorare, rimanere fedele al tuo compito, in totale libertà.

In questo momento, 28 anni dopo la morte di Munzihirwa, nell'est della RDC continuano gli scontri armati e i massacri di persone innocenti. La violenza è assurda e omicida e la comunità internazionale tace di fronte allo scenario macabro e insopportabile di oltre 12 milioni di morti e 500.000 donne violentate.

Si tratta di una guerra condotta alla luce del sole dai signori della guerra a causa degli interessi economici e del posizionamento geostrategico di alcune nazioni e multinazionali in un braccio di ferro. Si tratta di scontri tragici, più o meno palesi, che durano da 30 anni, guidati dalla ricerca dell'egemonia economica e che hanno portato all'allontanamento di alcune popolazioni dalle loro terre, facendole sprofondare nella povertà più assoluta. Ci troviamo di fronte a una graduale occupazione delle ricche terre del paese da parte di altri, che ha spinto alcuni osservatori a parlare di "olocausto" e di eliminazione fisica di ogni potenziale rivalità demografica; si tratta di una guerra programmata e guidata da un piano di Balcanizzazione che il vescovo Munzihirwa aveva profetizzato a suo tempo.

La Compagnia di Gesù presente in questa regione del Paese dovrà avere sempre presente la lotta per la quale il Vescovo Munzihirwa ha versato il suo sangue e si dovrà sentire invitata, in una "urgenza apostolica", a trovare in lui l'ispirazione per la sua missione di vita in un contesto travagliato e tormentato, che alimenta la disperazione a causa di tragedie inenarrabili che non devono essere banalizzate. Si tratta di lavorare per l'instaurazione di una pace duratura in Congo, fondata sui valori democratici e sul rispetto assoluto della dignità umana, nella fede e nella speranza comunicateci dal Signore Risorto, vincitore della violenza e della morte. Tuttavia, questa lotta implica il dono totale della vita, seguendo l'esempio del servo di Dio Munzihirwa, in una disposizione e offerta generosa a Dio attraverso l'impegno al servizio degli altri, in tutta intelligenza e saggezza, senza timori o calcoli, perché: "Chi ama la propria vita la perde, ma chi ne è libero la conserva". (Gv 12:25)

Da P. Dieudonné Mbiribindi Bahati, SJ (RDCongo)

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Pubblicato da SJES ROME - Coordinatore delle comunicazioni in SJES-ROME
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