Testimonianza

Imparare dai compagni

Roberto Jaramillo sj Roberto Jaramillo sj

Bonfim è una piccola città situata al confine tra il Brasile e la Guyana Inglese, nello stato di Roraima, in Brasile. Da cinque anni, noi gesuiti ci troviamo lì, e stiamo imparando a lavorare con i poveri. Nel comune (15.000 abitanti), la metà della popolazione è indigena, per lo più Wapixana, e in misura minore Macuxi; e, per quanto riguarda l'altra metà, la metà è sempre indigena, solo che non si riconosce como tale: non le interessa, non le conviene, non lo desidera. Il restante quarto della popolazione è composto da immigrati provenienti da vari stati brasiliani, insediatisi qui da quando Roraima era "territorio": gente povera che è venuta a cercare "fortuna" nel nord del paese.

Viviamo in un comune che soffre di tutte le malattie endemiche proprie dello stato brasiliano: corruzione, nepotismo, colonialismo, clientelismo, opportunismo, inefficienza (nonostante disponga di numerose risorse) a tutti i livelli: istruzione, salute, amministrazione, controllo pubblico, disoccupazione, ecc. E' come se il nome dato al comune: "Bonfim", non fosse nient'altro che una strategia di distrazione, per negare la realtà e poter sopravvivere in terre aride e, soprattutto, povere.

Sono arrivato qui nel gennaio del 2011, dopo aver lasciato il mio servizio come Superiore Regionale dell'Amazzonia. Ho trovato un compagno gesuita che già aveva lavorato a Timor Est (P. Horié), e un mese dopo è arrivato un altro compagno che aveva molti anni di esperienza come missionario, a Cuba e in Mozambico (P. Urbano). Tra noi, quello che aveva più da imparare ero io: e sono stato graziato non solo dall'accoglienza delle comunità indigene e meticce che, nel corso di questo anno e mezzo, hanno reso felice e realizzato il mio sacerdozio, ma anche - e io direi, in modo particolare - dal regalo di questi due compagni gesuiti che, con la loro vocazione, mi hanno dato una testimonianza meravigliosa di generosità, di coraggio e di impegno.

Dopo un anno di convivenza e di servizio comune nella regione abbiamo deciso di dividere la nostra piccola comunità e, all'arrivo di un altro compagno gesuita, proveniente dal Paraguay, due sono andati a vivere in una delle 22 malocas (comunità) indigene che compongono la Regione Sierra della Luna (sotto la responsabilità delle Figlie della Carità e dei gesuiti); nel frattempo, noi altri due siamo rimasti a servire le Chiese della cabeceracomunale e di altre tre villas (oltre ad aiutare nella pastorale universitaria della capitale dello stato, e in altri ministeri). Horié e Urbano si trovano a "Moscou" (il nome della maloca indigena dove vivono) dal mese di marzo: vivono tra gli indigeni in una casa così semplice, come voi stessi potete immaginare, e mangiano come loro: poco e male; fino a questo momento, senza energia elettrica; iniziano a stabilire delle relazioni orizzontali con i membri delle comunità; partecipano alle loro assemblee e ai lavori comunitari; la maggior parte delle volte, (quando l'inverno lo consente) viaggiano su "autobus di linea", o servendosi di auto collettive. L'unica cosa che li distingue dal resto degli indigeni della comunità è il mezzo (un furgone) di cui dispongono per poter visitare le altre 21 comunità.

Circa due settimane fa, tutti e due siamo andati a visitarli, insieme al vescovo della diocesi, Don Roque Paloschi, e a doña Katia, membro della comunità di Bonfim, e nostra cuoca in casa. Abbiamo portato loro in dono un vecchio frigorifero che per il momento serve solo per conservare le cose (come armadio), fino a quando non verrà allacciata la luce, alcuni dolci, pane, degli alimenti in scatola, caffè, e recipienti per la cucina. Erano felici: come chi trova la perla che sperava, e non la vuole più perdere: santa povertà, "muro della religione" come diceva Sant'Ignazio, tanto lontana, e tanto razionalizzata in tutti i nostri servizi apostolici.

A questi due compagni, che forse non sapranno mai di essere stati citati in questo racconto, voglio rendere non un omaggio (perché non ne hanno bisogno), ma la mia gratitudine sincera. Che il Signore mi dia la loro stessa generosità, e dia a tutti noi altri compagni come loro.

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Pubblicato da SJES ROME - Coordinatore delle comunicazioni in SJES-ROME
SJES ROME
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